Digital per la sostenibilità? Irene Ivoi dice che è possibile, grazie alla “Spinta Gentile” o “Nudge”.
La sostenibilità è un argomento tra i più discussi di questo decennio, tuttavia, la sua declinazione al digitale è un argomento popolarizzato solo negli ultimi anni.
Con un’esperienza d’eccezione alle spalle, dove la sostenibilità incontra un approccio gentile verso il futuro, Irene Ivoi, specialista e Tedx Speaker, ci racconta il suo percorso e ci insegna una nuova parola: Nudge.
Ciao Irene, grazie per aver sostenuto questa intervista. Puoi raccontarci la tua storia, come hai scoperto il Nudge?
Io vengo da una laurea in Industrial Design nel ‘92 a Firenze. Ho deciso di occuparmi di un progetto di economia circolare per la mia tesi.
Il termine stesso “economia circolare”, al tempo, era una parola assente dal nostro vocabolario e quello che feci stette sotto il cappello dell’ecologia.
In quegli anni, Industrial Design era una disciplina orientata al prodotto, non si parlava di design di servizi o di esperienza ed eravamo lontani dal poter parlare di “circolare”. Tra i prodotti al centro di questa disciplina vi erano i mobili, un mondo che non si faceva molte domande: a volte bastava cambiare la forma ad una porta per dire di aver fatto un lavoro di design.
Si iniziava a parlare di riciclo e raccolta differenziata, di dare nuova vita ai prodotti. Io, non contenta dello stato dell’arte nel mondo dell’Industrial Design, iniziai ad occuparmi di sostenibilità, lavorando inizialmente sulla comunicazione e la divulgazione.
Il mio interesse si concentrava sui prodotti e i processi, che attivavo sul territorio anche tramite le collaborazioni con i Comuni. L’obiettivo principale era mettere i cittadini nella condizione di poter acquistare e consumare prodotti più consapevoli riducendo i rifiuti come conseguenza.
E questo ti ha portato al Nudge?
Ho scoperto il Nudge molto dopo. Il primo libro che abbia mai parlato di questo argomento era “Nudge. La spinta gentile” di R. H. Thaler e C.R. Sunstein” nel 2008, ma fino ad allora avevo già lavorato a tanti progetti che seguivano la stessa linea d’onda.
Per fare un esempio degli effetti del Nudge, condivido un’esperienza alla quale sono molto affezionata: il progetto “a Quartiere”, realizzato in un quartiere di Firenze di circa 80 mila abitanti.
Da una ricerca si evinse che i cittadini producevano troppa plastica a causa dell’elevato consumo di acqua minerale e collaborammo al fine di ridurne il consumo per alleggerire l’impatto causato dalla plastica.
Formulai delle proposte e abbiamo vinto un bando di regione Toscana per realizzarle; ad esempio quella di inserire, in 5 negozi, delle macchinette che trattavano l’acqua del rubinetto. Chiunque poteva reperire acqua potabile e di qualità con soli 5 centesimi invece del prezzo medio per ogni bottiglia di acqua minerale, intorno ai 30 centesimi. Questo progetto ha affiancato quello di una fontanella di acqua potabile in città e la distribuzione a utenze fragili di apparecchi filtranti l’acqua da inserire presso i propri rubinetti.
Grazie a queste soluzioni, abbiamo ridotto di oltre un terzo i cittadini che consumavano acqua dalle bottiglie di plastica, passando da oltre il 96% degli abitanti al 56%.
Per fare chiarezza, perché questa è una soluzione Nudge?
Questo è un esempio di “spinta gentile”. Abbiamo agito sul design di nuovi servizi capaci di rendere l’acqua di rubinetto più accessibile senza obbligare nessuno a berla, senza vietare la minerale (che sarebbe stato impossibile) ottenendo un cambio di comportamento da parte di un terzo della popolazione.
Qual è la differenza tra Nudge ed economia circolare?
Il concetto di economia circolare entra nel dettato comunitario nel 2015. È un nuovo paradigma che prevede per chi produce attenzione a scarti di processo, alla possibilità di effettuare simbiosi, acquisire certificazioni e (ancor prima misurazioni) sugli impatti del processo, e poi come creare prodotti che possano essere anche condivisi invece che venduti (sharing economy). si tratta di un’economia che investe anche nella creazione di prodotti cauzionati (e quindi riutilizzabili più volte). La possibilità che siano riciclabili e quindi riciclati è ovvia.
Per i nostri avidi lettori del mondo digitale, secondo te il Nudge trova terreno fertile nel digital?
Certo che sì. Pensa alle app nate negli ultimi 10 anni. Esistono app che, attraverso il codice a barre del prodotto, ti consentono di capire dove gettare l’imballaggio a fine vita. Poi esistono app che innescano gare su chi cammina o pedala di più, attivando un meccanismo di “gaming” tra persone, per generare comportamenti. Esistono anche app che migliorano i comportamenti delle persone che lavorano insieme. Qui un mio articolo a riguardo.
Questi sono solo esempi di come possiamo applicare soluzioni che possano rientrare nella definizione di Nudge in ambito digital, poiché Nudge significa modificare un contesto decisionale al fine di ottenere un cambiamento in meglio di comportamento per il benessere sociale/ambientale. Se per fare questo uso anche sistemi digitali, perché no?
Qual è un altro progetto Nudge al quale hai lavorato?
Ho lavorato a Brescia, che è stato un cantiere di operazioni virtuose di prevenzione rifiuti in collaborazione con il Comune. Una cosa che abbiamo fatto è stata inserire, nel 2012, nei supermercati dei cartelli in corrispondenza di un’insieme di prodotti scelti. Questi segnalavano la bontà di quel prodotto dal punto di vista della tipologia dell’imballaggio. Erano prodotti che erano stati immessi al consumo con un imballaggio meno “pesante” dal punto di vista ambientale.
Il test voleva capire se andando a segnalare le qualità dei prodotti dal punto di vista della sostenibilità, si riusciva a ottenere una preferenza da parte del consumatore verso quei prodotti in un lasso di tempo, ottenendo ottimi risultati.
Cosa vorresti dire ai giovani che vogliono approcciarsi al Nudge per la loro carriera?
Bisogna studiare, ci sono molte risorse, ad esempio, io e REF ricerche abbiamo pubblicato, nel 2021, un position paper di nome “Economia comportamentale e servizi pubblici locali: la spinta gentile degli “architetti delle scelte”. Inoltre, sul mio sito ho raccolto una sezione dedicata alle risorse letterarie compreso il primo libro di R. H. Thaler e C.R. Sunstein.
Possiamo trovare delle proposte formative anche in alcuni percorsi accademici come Psicologia e Scienze della Comunicazione. Lì ci sono esami, orientamenti di economia comportamentale o psicologia comportamentale.